Con un finanziamento di cinque milioni, parte la ricerca sulle tecniche per rilevare, attraverso il sangue materno, le malformazioni genetiche nel feto. Non più amniocentesi e villocentesi, metodiche invasive e rischiose (causa di aborti in un
caso su cento). Ora lo screening con il G-test(dove la G sta per genetic) sarà eseguito direttamente nel laboratorio di Genetica dell’ateneo Tor Vergata, grazie agli aiuti al colosso cinese della genomica, Bgi. Oltre che per affinare le tecniche predittive e rafforzare i laboratori con mezzi e personale (cinque i biologi già assunti), l’investimento è mirato allo sviluppo di nuove linee di indagine sulle patologie più diffuse e su quelle rare, dei malati “senza nome”. «Con il progetto “Bioscience genomics”», spiega il rettore Giuseppe Novelli, direttore del laboratorio di Genetica, «raccoglieremo altre risorse da privati, ospedali e aziende, per reinvestirle nella ricerca e stare al passo dei nostri competitors europei ». Quei test, insomma, non ancora annoverati tra quelli del Servizio sanitario, saranno a pagamento. «Il modello», spiega Novelli, «è chiamato
Terza missione». Formazione, ricerca e non solo: con la conoscenza, l’università concorrere allo sviluppo della società. «La multinazionale di Honk Kong», continua, «ha aperto laboratori in Slovacchia, in Spagna e ora in Italia, con l’intento di far crescere nuovi talenti: saranno questi a migliorare le sue tecniche di ricerca che, in due, tre anni, saranno obsolete ». In altre parole, le metodiche invecchiano e a rinnovarle dovranno pensarci i ricercatori. (fonte: laRepubblica)