Il progetto dell’ambasciatrice alla Biennale

di Patrizia Floder Reitter

Mancano pochi giorni alla terza edizione di Art Night Venezia, ovvero quando “l’arte libera la notte”, evento ideato e coordinato dall’Università Ca’ Foscari in collaborazione con il Comune di Venezia che sabato 22 giugno vedràcoinvolti istituzioni, musei,Fondazioni, librerie. Quest’anno si è voluto indicare un generale filo conduttore della serata e della lunga Notte
Bianca veneziana che seguirà: l’omaggio al talento femminile, in ogni sua espressione. Tra queste, l’installazione “Garbage Patch State” di Maria Cristina Finucci nel cortile centrale di Cà Foscari. L’opera dell’ architetto  e artista (nella foto in apertura d’articolo), moglie dell’ambasciatore italiano in Spagna, Pietro Sebastiani, fa parte di un più ampio progetto chiamato Wasteland, pensato per comunicare un forte messaggio ecologico attraverso l’arte, i coinvolgimenti interattivi, aiutando a riflettere sul tema immenso dei rifiuti non degradabili in un percorso di relazioni e comportamenti che ci rendono protagonisti di un’azione di sensibilizzazione collettiva .

“Qualche anno fa –racconta la signora Finucci – fui colpita dalla notizia di un’isola fatta di rifiuti plastici nell’oceano Pacifico, estesa e profonda trenta metri. Volevo visitarla ma dopo alcune ricerche ho capito che le isole erano ben  cinque, anche se quasi invisibili e non calpestabili”. Per quanto, infatti, si parli erroneamente di “isole” galleggianti, per effetto della fotodegradazione la maggior parte della plastica non si vede a occhio nudo, viene ridotta a frammenti minuscoli e microplastiche, un brodo colorato chiamato “zuppa plastica” dal  micidiale effetto inquinante e che dal 1970 ad oggi si è ingrandito cento volte. Maria Cristina pensa allora di mostrare quello che non si può vedere, e quindi viene ignorato, “facendo la sintesi” di questa catastrofe ambientale. La sintesi è appunto il progetto Wasteland (la Terra desolata, dal celebre poemetto di Eliot) che nella prima fase ha visto il riconoscimento da parte della comunità internazionale del Garbage Patch State, presentato ufficialmente attraverso un’ installazione-performance alla sede Unesco di Parigi l’11 aprile scorso e dichiarato Stato federale.

Per la seconda fase, in concomitanza con la 55° Biennale di Venezia di quest’anno, dal 29 maggio al 24 novembre, all’Università Ca Foscari l’artista ha dato vita un padiglione formato da due cubi trasparenti e da un “serpentone” di tappi di plastica colorata imbrigliati da reti rosse, quasi una marea che si riversa nel Gran Canal; metafora e immagine dello straripare della plastica e dei rifiuti in tutti i mari e gli oceani del pianeta. All’interno del cubo più grande, la video-opera “Dentro”, proiettata a 360°, dà allo spettatore la sensazione di essere immerso nella “zuppa” di plastica che ciascuno di noi ha contribuito a creare. “Ho coinvolto nel progetto gli studenti di Ca’ Foscari interessati alle tematiche di sostenibilità, invitandoli a costruire la storia fantastica del Garbage Patch State, ispirandosi al mito greco”, spiega Maria Cristina. Ecco allora che sul sito www.garbagepatchstate.org/ trovate la bandiera, la storia, le risorse naturali (la plastica, appunto!), la descrizione fantastica dello Stato “ufficialmente riconosciuto dagli umani” e che ha pure la sua pagina Facebook. “Nel Garbage Patch State vi sono differenti etnie di plastiche. Esse sono diverse l’una dall’altra per la loro colorazione o forma”, è una delle invenzioni ad hoc che si leggono, per rendere più veritiera questa terra della spazzatura che ha anche una sua capitale, Garbandia.

A settembre seguirà un’altra performance di Maria Cristina Finucci al Museo MAXXI di Roma promossa dal MAXXI educational e dall’Università La Sapienza. E a dicembre sarà installata presso l’Università degli Studi Roma Tre.

Ma il progetto Wasteland non termina con queste opere. Il prossimo anno l’artista vuole continuare a coinvolgere l’attenzione dei giovani utilizzando le tecnologie che più amano, invitandoli a una “provocazione” ecologica, un grande smart mob che li vedrà gettare 4, 5 tappi di plastica nello stesso momento in ogni parte del mondo per poi fotografare “l’atto” individuale. Un invito ad inquinare maggiormente? “No di certo –sorride l’artista che non anticipa quale messaggio uscirà da questa operazione interattiva- .  L’effetto sarà quello di aiutare a frenare la catastrofe ambientale con una diversa sensibilizzazione, senza usare i soliti discorsi o titoli allarmistici che finiscono per lasciare indifferenti, nel bombardamento di notizie sulla plastica che inquina”.

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